News - Il letame è un rifiuto? Nuova sentenza del Tar

Il letame – o materie fecali –  non è un rifiuto solo se rispetta certe condizioni. Deve essere sottoposto a determinati processi o metodi rispettosi dell’ambiente e della salute umana e in quanto sottoprodotto, deve essere prontamente rimosso, identificato e trasformato.

Lo ricorda il Tribunale amministrativo della Puglia (Tar) – con sentenza n. 1603 – in riferimento all’ordinanza del comune di Santa Cesarea Terme. Il Comune ha infatti ordinato a un allevatore di cavalli l’allontanamento degli animali presenti nell’area in stalle autorizzate, il risanamento dell’intera area dal letame presente in cumuli, la pulizia e disinfestazione dei locali e dell’area in uso. Il Comune ha, quindi, qualificato il letame come rifiuto. Ma secondo l’allevatore il letame non si può considerare come tale perché il Codice ambientale (dlgs 152/2006) esclude da tale nozione le materie fecali e le altre sostanze naturali e non pericolose utilizzate nell’attività agricola.

 

 

In realtà il legislatore del 2006 attribuisce alle feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate) un codice identificativo del rifiuto. Si tratta del codice Cer che viene assegnato ad ogni tipologia di rifiuto in base alla composizione e al processo di provenienza.

Allo stesso tempo il legislatore esclude dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti – quella contenuta alla Parte quarta del Dlgs 152/2006 – le materie fecali, così come paglia, sfalci e potature, “nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente ne’ mettono in pericolo la salute umana”.

Così come esclude dal campo di applicazione perché regolati da altre normative comunitarie (regolamento 1774/2002) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di
compostaggio.

Il regolamento del 2002 stabilisce le norme sanitarie e di polizia sanitaria per la raccolta, il trasporto, il magazzinaggio, la manipolazione, la trasformazione e l’uso o l’eliminazione dei sottoprodotti di origine animale. E stabilisce le regole per l’immissione sul mercato e, in taluni casi specifici, l’esportazione e il transito dei sottoprodotti di origine animale e dei prodotti da essi derivati. Dunque classifica i prodotti in varie categorie e comprende lo stallatico in categoria 2.

Risulta quindi da un lato, che le materie fecali animali non costituiscono rifiuti solo se sono state sottoposte a processi o metodi che non danneggino l’ambiente e che non mettono in pericolo la salute umana e, dall’altro, secondo il regolamento europeo tale materiale, in quanto sottoprodotto rientrante nella categoria 2 deve essere prontamente rimosso, identificato e trasformato secondo i metodi indicati.

- See more at: http://www.greenreport.it/news/rifiuti-e-bonifiche/letame-rifiuto-nuova-sentenza-tar/#sthash.JdXm7EsR.dpuIl letame - o materie fecali - non è un rifiuto solo se rispetta certe condizioni. Deve essere sottoposto a determinati processi o metodi rispettosi dell'ambiente e della salute umana e in quanto sottoprodotto, deve essere prontamente rimosso, identificato e trasformato.

Lo ricorda il Tribunale amministrativo della Puglia (Tar) - con sentenza n. 1603 - in riferimento all'ordinanza del comune di Santa Cesarea Terme. Il Comune ha infatti ordinato a un allevatore di cavalli l'allontanamento degli animali presenti nell'area in stalle autorizzate, il risanamento dell'intera area dal letame presente in cumuli, la pulizia e disinfestazione dei locali e dell'area in uso. Il Comune ha, quindi, qualificato il letame come rifiuto. Ma secondo l'allevatore il letame non si può considerare come tale perché il Codice ambientale (dlgs 152/2006) esclude da tale nozione le materie fecali e le altre sostanze naturali e non pericolose utilizzate nell'attività agricola.

In realtà il legislatore del 2006 attribuisce alle feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate) un codice identificativo del rifiuto. Si tratta del codice Cer che viene assegnato ad ogni tipologia di rifiuto in base alla composizione e al processo di provenienza.

Allo stesso tempo il legislatore esclude dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti - quella contenuta alla Parte quarta del Dlgs 152/2006 - le materie fecali, così come paglia, sfalci e potature, "nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana".

 

 

Così come esclude dal campo di applicazione perché regolati da altre normative comunitarie (regolamento 1774/2002) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio.

Il regolamento del 2002 stabilisce le norme sanitarie e di polizia sanitaria per la raccolta, il trasporto, il magazzinaggio, la manipolazione, la trasformazione e l'uso o l'eliminazione dei sottoprodotti di origine animale. E stabilisce le regole per l'immissione sul mercato e, in taluni casi specifici, l'esportazione e il transito dei sottoprodotti di origine animale e dei prodotti da essi derivati. Dunque classifica i prodotti in varie categorie e comprende lo stallatico in categoria 2.

Risulta quindi da un lato, che le materie fecali animali non costituiscono rifiuti solo se sono state sottoposte a processi o metodi che non danneggino l'ambiente e che non mettono in pericolo la salute umana e, dall'altro, secondo il regolamento europeo tale materiale, in quanto sottoprodotto rientrante nella categoria 2 deve essere prontamente rimosso, identificato e trasformato secondo i metodi indicati.


Fonte: Greenreport.it

8/7/2014