News - Pannelli solari: lo smaltimento è una vera miniera

Da un modulo si recuperano 15 kg di vetro; 2,8 kg di plastica; 2 kg di alluminio; 1 kg di polvere di silicio e 0,14 kg di rame

L'energia solare è ormai una fonte non trascurabile nel mix energetico italiano: nel 2013 ha soddisfatto più del 7% del fabbisogno elettrico del Paese. Sono circa 550 mila gli impianti fotovoltaici in funzione in Italia, per oltre 100 milioni di moduli fotovoltaici installati. Una volta giunti a fine vita, questi moduli dovranno essere smaltiti adeguatamente come richiesto dalla direttiva europea sui Raee (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche).

REPOWERING- Per legge, sono i produttori e gli importatori dei moduli a doversi occupare della corretta gestione del fine vita dei prodotti che immettono sul mercato, aderendo a un consorzio dotato di un'adeguata struttura operativa e finanziaria. Il grosso del mercato del riciclo dei moduli prenderà avvio tra alcuni anni, visto che tipicamente il tempo di vita di un impianto fotovoltaico è di 20-25 anni. Ma con i prezzi e le efficienze dei moduli in vendita oggi, in taluni casi risulta già vantaggioso effettuare il repowering degli impianti, cioè sostituire i vecchi moduli con quelli di ultima generazione che garantiscono efficienze maggiori. Quindi diventa necessario già adesso garantire il loro corretto smaltimento, recuperando e rimettendo nel ciclo della produzione tutti i materiali di cui sono composti.

 

 

SMALTIMENTO - Per smaltire e recuperare i moduli fotovoltaici è necessario per prima cosa separare le singole componenti del sandwich: l'alluminio della cornice; il vetro che copre superiormente il modulo; il silicio e i metalli, come l'argento, che compongono le celle solari; il rame dei collegamenti elettrici tra le celle. «I processi per separare i singoli componenti del sandwich possono essere termici oppure meccanici. Noi abbiamo scelto questa seconda strada, meno dispendiosa dal punto di vista energetico», spiega Giuseppe Ziliani, presidente di Sea Ecoservizi, azienda di Malo (Vicenza) specializzata nello smaltimento di monitor ed elettrodomestici e che ha sviluppato negli scorsi mesi una delle prime linee in Italia per lo smaltimento dei moduli solari.

DUE FASI - «Il processo di trattamento del modulo che abbiamo sviluppato può essere suddiviso in due fasi. Nella prima il modulo viene passato attraverso una macchina chiamata devetratrice, che separa meccanicamente il vetro superiore del modulo», spiega Ziliani. «Questa operazione dura una decina di secondi e il vetro triturato viene rivenduto come materia prima seconda. Ciò che rimane del modulo è a questo punto un tappetino in cui le celle sono ancora incollate al materiale plastico utilizzato per proteggere le celle stesse e farle aderire al vetro». Il tappetino viene trattato da un secondo macchinario dove, a seguito di un processo meccanico a temperature controllate, i singoli materiali vengono completamente separati. Si ottengono così rame, polvere di silicio e materiale plastico. «La parte più delicata dell'intero processo è proprio quest'ultima, in quanto la separazione della polvere di silicio delle celle dal supporto plastico presenta notevoli problematiche tecniche».

INVESTIMENTO E MACCHINARI - «Per lo sviluppo della tecnologia, la realizzazione degli impianti e la loro messa a regime abbiamo sostenuto un investimento di circa mezzo milione di euro, oltre ai costi dell'ampliamento», prosegue Ziliani. «Stimiamo di ammortizzare gli investimenti in quattro anni. Le tecnologie che abbiamo sviluppato sono uniche in Europa. Al momento siamo in grado di trattare circa una tonnellata di moduli completi all'ora, cioè poco più di 50 moduli». Per un singolo modulo il consumo elettrico della devetratrice è di circa mezzo kilowattora, una quantità assai limitata di energia.

MATERIALI DI RECUPERO - Nello stabilimento di Malo si riesce a recuperare in peso quasi il 98% di ogni modulo fotovoltaico. Da un modulo di 21 kg si possono recuperare in media: 15 kg di vetro (il vetro rappresenta il 70% circa del peso complessivo di un modulo solare); 2,8 kg di materiale plastico; 2 kg di alluminio; 1 kg di polvere di silicio e 0,14 kg di rame. «Il vetro dei moduli solari è di altissima qualità e viene pagato bene», spiega Ziliani. «La polvere di silicio, utile nelle fonderie di ghisa, non può essere riutilizzata per la costruzione di nuove celle fotovoltaiche in quanto contiene ancora una certa percentuale di vetro. Stiamo inoltre sperimentando un processo per l'estrazione di argento dalla polvere di silicio. Il metallo infatti ricopre in forma di pasta le celle con percentuali anche superiori al 4%. Questo nuovo processo contribuirà a coprire i rilevanti costi della raccolta dei moduli esausti. La plastica che recuperiamo viene riciclata per realizzare contenitori e vasi».

 

 

IL RUOLO DI COBAT - Cobat, il principale consorzio italiano per la raccolta e il riciclo di pile e accumulatori, è anche uno dei consorzi di riferimento nell'ambito del riciclo dei Raee, degli pneumatici fuori uso e dei moduli fotovoltaici, per i quali è leader di mercato rappresentando più del 50% dei produttori e degli importatori italiani. Cobat ha già attivato la filiera di raccolta dei moduli su tutto il territorio italiano appoggiandosi a 90 aziende locali. «Ciò che contraddistingue il sistema Cobat rispetto a quello degli altri consorzi attivi in Italia per lo smaltimento dei moduli è la tecnologia di monitoraggio e tracciabilità di ogni singolo modulo, che consente di seguirne l'intero ciclo di vita. A questo si aggiunge la vicinanza con gli impianti di trattamento», conclude Ziliani. Cobat ha siglato un accordo con Sea per lo sviluppo tecnologico e industriale, accordo che ha dato vita al marchio Futuraee sotto cui saranno sviluppate le diverse attività dell'azienda.

Fonte: Corriere.it

17/1/2014