News - Inghilterra: al via centrale elettrica a olio di cucina usato
Illuminare casa con l'olio di frittura delle patatine. Non è il progetto da garage di un inventore della domenica, ma quanto in Inghilterra sta realizzando la Thames Water, il colosso idrico britannico, che ha avviato la costruzione della più grande centrale elettrica del mondo alimentata con grasso di scarto e in grado di dare corrente a quasi 40 mila abitazioni. Il prototipo di una filiera nascente del riciclo che prevede anche una rete di raccolta degli oli di fast food, industrie e ristoranti. Obiettivo, non soltanto la produzione di energia ma anche la soluzione del problema delle fognature londinesi, intasate dagli avanzi dei grassi alimentari. Più in generale, una possibilità di business data dalla crescita costante del significato economico degli oli esausti: in Italia il valore medio era 650 euro alla tonnellata nel 2010, è stato 720 nel 2012, si prevede che sarà 750 nel 2015. E infatti il comparto coinvolge un numero sempre maggiore di operatori. Anche se i problemi non mancano.
CENTRALE A OLIO - Il carburante della centrale londinese può stupire: i rifiuti della ristorazione e gli scarti delle industrie alimentari della capitale britannica. Che, digeriti dal futuro impianto, si trasformeranno in preziosa corrente elettrica, a partire dal 2015, a Beckton, nella zona est di Londra. Una centrale in grado di produrre 130 GWh all’anno di energia rinnovabile e soddisfare il fabbisogno elettrico di 39 mila nuclei familiari. Protagonisti dell'operazione, del valore di 200 milioni di sterline, oltre alla Thames Water, iCON Infrastructure e i gestori 2OC.
IL PROBLEMA DELLE FOGNATURE - A fare da leva al considerevole investimento messo in campo dalle imprese inglesi, un problema poco noto e poco simpatico: l'ostruzione causata dai grassi di scarto nel sistema fognario. Dal punto di vista economico, tutt'altro che uno scherzo, vista l'entità dell'investimento previsto: «È la combinazione con il problema delle fogne», spiega Fabio Inzoli, direttore del dipartimento energia del Politecnico di Milano, «a rendere il progetto della centrale elettrica a olio di scarto un intervento a risparmio. Da solo, infatti, il processo per la produzione di energia elettrica dal grasso alimentare risulta non essere ancora competitivo. Soprattutto se rapportato ai costi inferiori e alla disponibilità maggiore dei combustibili tradizionali». Una scelta tuttavia che, nel caso di Londra, risulta conveniente, in considerazione anche del particolare stile di vita nella città del Tamigi: la quantità di ristoranti, fast food e tavole calde presenti a ogni angolo di strada, non è paragonabile a quella di nessun’altra città europea.
RICICLO ITALIANO - A occuparsi della raccolta nostrana, il Consorzio obbligatorio nazionale per il trattamento oli e grassi vegetali e animali esausti (Conoe), che dal 2001 gestisce la rete dell'olio usato su tutto il territorio italiano. Riuscendo, attraverso i suoi 250 raccoglitori ufficiali, a recuperarne circa il 70%. «Prima dell’entrata in scena del morbo della mucca pazza», spiega Roberto Restani, «responsabile operativo del Conoe, «l’olio di scarto veniva utilizzato come additivo nei mangimi degli animali. Adesso, invece, questo utilizzo è severamente proibito e quindi è più facile recuperarlo. Anche se resta ancora una certa dispersione».
LA SECONDA VITA DEL GRASSO DI SCARTO - Molteplici i possibili impieghi dei grassi di scarto, recuperati dal consorzio da più di 200 mila esercizi, tra cui mense, rosticcerie, bar, ristoranti e industrie alimentari. «L’utilizzo principale», prosegue Restani, «è per il biodiesel, ma esistono anche altri campi d'applicazione. Tra questi, il recupero energetico è in decisa crescita». Per esempio, sono già stati progettati diversi motori, interamente alimentati a olio esausto, in grado di produrre energia elettrica con un alternatore. «Con l’olio di scarto, inoltre, si possono anche fare gli agenti distaccanti per l'edilizia, i grassi per l’industria e i lubrificanti vegetali per le macchine agricole».
RIFIUTO SOTTOVALUTATO - Un sistema di riciclo che, tuttavia, non è esente da alcune criticità. Tra cui spicca la ancora migliorabile convenienza economica: «L’olio raccolto», spiega ancora Restani, «deve essere filtrato per eliminare i residui e processato per abbattere l'umidità: operazioni che, insieme alla gestione della rete per la raccolta, diventano onerose». Soprattutto quando non esiste nessun tipo di incentivo pubblico e tutte le operazioni sono a carico delle aziende coinvolte. «In più», conclude Restani, «gli oli e grassi commestibili esausti vengono vissuti come un rifiuto poco inquinante. Invece, si tratta di una sottovalutazione dell'impatto ambientale assolutamente da sfatare».
Fonte: Corriere.it
12/4/2013