Biorecupero: plastica e carburanti da bucce di pomodoro e gusci di crostacei
Pelli di pomodoro, code di gambero, bucce di limone. Sono alcuni esempi degli scarti agricoli e industriali che possono essere recuperati dai processi chimici. A dare loro una seconda vita, l'Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Pozzuoli che, dal 2005, recupera molecole da materiali destinati ai bidoni dell'immondizia trasformandoli in bioplastica, biofilm e biopellicole. Anticipando di due anni la normativa europea che ha reso obbligatorie le buste biodegradabili per fare la spesa. Una serie di sperimentazioni che ancora coinvolgono il centro di ricerche partenopeo e che, adesso, oltre alle bioplastiche si stanno focalizzando sul recupero di particelle utili per la salute e la cosmetica. Come, ad esempio, gli antiossidanti che possono essere estratti dalla bucce dei limoni.
RECUPERARE GLI SCARTI - All'inizio fu il pomodoro. Un ortaggio famigliare nella vita dei ricercatori del Cnr che, nei primi anni 2000, lavoravano insieme ad aziende locali al superpomodoro. Facendo ibridi con qualità diverse, come Roma e San Marzano, per migliorare le sue caratteristiche naturali. Esperimenti che, passati alla fase di lavorazione industriale, hanno iniziato a produrre anche una quantità considerevole di scarti. «All'improvviso», racconta Barbara Nicolaus, ricercatrice del Cnr di Pozzuoli, «ci ritrovammo con tonnellate di scarti di pomodoro da smaltire e ci sembrò naturale portarli in laboratorio». Un passo che diede il via a un progetto molto più ampio, diventando anche un programma di ricerca finanziato dal ministero dell'Istruzione per l'estrazione e la purificazione dei polisaccaridi contenuti nelle bucce dei pomodori. Polimeri che potevano essere riconvertiti in materiali ecodegradabili, come bioplastiche per fare sacchetti, teli, coperture per serre e terreni agricoli.
APPLICAZIONI - «Il pomodoro», spiega Nicolaus, «è un prodotto stagionale. Per questo è difficile pensare di poter assorbire la richiesta delle buste di plastiche per fare la spesa. Più conveniente, invece, fare con le bucce pellicole per le pacciamatura (una pratica di giardinaggio, ndr), oppure biofilm destinati all'agricoltura». Applicazioni che, al di là della convenienza economica, hanno aperto la strada a una vera filosofia del recupero dello scarto. «Gli esperimenti sui pomodori hanno acceso la lampadina. Da allora, infatti, abbiamo lavorato su molti altri rifiuti come, per esempio, gli scarti delle vinacce e dei crostacei».
LIMONI - Ultimi arrivati sotto la lente dei ricercatori, gli scarti delle lavorazioni del limoncello. E protagonisti delle ricerche 2013 dell'istituto di chimica con un progetto finanziato dalla Regione Campania. «Le bucce dei limoni sono ricche di licopene, un composto con caratteristiche antiossidanti. Si tratta di un ingrediente fondamentale e costoso per l'industria cosmetica e che quindi sarebbe molto conveniente recuperare da risorse che sono già a disposizione».
BIORAFFINERIA - Un bottino di scarti che, anche dopo il saccheggio chimico, potrebbe trovare nuove destinazioni. Ad esempio, nella sfera delle biomasse e del biogas. «Nei prossimi mesi», anticipa la ricercatrice, «sperimenteremo insieme a un'industria di Torino l'orizzonte dei biocombustibili. Usando gli scarti agroalimentari già processati per fare etanolo».
FOnte: Corriere.it
4/4/2013