News - Cementifici, rivolta sull'utilizzo dei rifiuti come combustibili
D'accordo l'associazione di categoria, contrari medici e lobby degli inceneritori. Ambientalisti: sì, ma con più limiti
Da una parte gli industriali del cemento, dall’altra i medici ambientalisti, in disaccordo con altri ambientalisti. A scatenare una divisione tra chi ha a cuore ambiente e salute è il provvedimento «Utilizzo di combustibili solidi secondari (Css) in cementifici soggetti al regime dell’autorizzazione integrata ambientale», voluto dal ministro dell'Ambiente Corrado Clini. Il progetto di sostituire (in parte) i combustibili fossili utilizzati nei cementifici con il Css, ricavato dalla frazione secca dei rifiuti, sta scatenando parecchie polemiche.
POLEMICHE - Per i cementieri dell’Aitec (Associazione italiana tecnico economica cemento) si tratta di recupero energetico, per l’Associazione medici per l’ambiente «la combustione di rifiuti nei cementifici comporta una variazione della tipologia emissiva di questi impianti, in particolare di diossine e metalli pesanti». Per Legambiente «bruciare Css nei cementifici non peggiora le emissioni inquinanti, ma impone limiti di legge più restrittivi e quindi l’utilizzo di migliori tecnologie di abbattimento». Clini ha dichiarato: «Il provvedimento attua una direttiva europea, è coerente con le disposizioni europee ed è stato esaminato dalla Commissione europea».
L'EUROPA - Il ministro dell’Ambiente ha accolto le istanze dei cementieri, che da anni cercano di ottenere il via libera sulla «sostituzione» di combustibili tradizionali con combustibili «alternativi». «In Italia è possibile raggiungere solo l'8% di sostituzione calorica dei combustibili fossili con quelli alternativi come i Css», commenta Daniele Gizzi, environmental manager di Aitec. «In Olanda, Germania, Francia e Austria, invece, i Css costituiscono rispettivamente il 98%, il 61%, il 45% e il 30% del combustibile utilizzato nei forni da cemento. In Germania, Olanda e Austria bruciano i rifiuti di Napoli trasformati in Css. Da noi la domanda di Css è bloccata per la complessità degli iter burocratici e a causa del mancato consenso sociale: quando si parla di bruciare, scatta immediata la rivolta. Si tratta di 6 milioni di tonnellate di rifiuti che potrebbero essere assorbite dall’industria: oggi, invece, siamo fermi a 600 mila tonnellate».
RIFIUTI - A non essere felice di questa iniziativa potrebbe essere la lobby degli inceneritori, che forse sta per veder andare letteralmente in fumo alcune commesse per la costruzione di nuovi impianti. Oltretutto la crisi ha ridotto la raccolta differenziata: si consuma meno e si producono meno rifiuti. «Stiamo cercando di far comprendere alla lobby degli inceneritori che non saremo mai concorrenti. La produzione di combustibili solidi secondari è sinergica alla raccolta differenziata, in quanto le caratteristiche stesse del Css necessitano a monte di una selezione dei rifiuti tramite differenziata. Nei cementifici non arriveranno mai rifiuti tali e quali», spiega Gizzi. «Non possiamo correre il rischio di inquinare un prodotto che è la nostra ragione di vita, e sono proprio le multiutility che dispongono di impianti di trattamento attrezzati a poter produrre il Css con le caratteristiche indicate dal decreto».
MEDICI CONTRO - I Medici per l’ambiente, invece, dicono no ai rifiuti, anche se trattati, usati come combustibile nei cementifici. «Studi scientifici internazionali hanno dimostrato che la combustione di rifiuti nei cementifici comporta una variazione delle emissioni, in particolare di diossine, composti organici clorurati e metalli pesanti, e la produzione di diossine è direttamente proporzionale alla quantità di rifiuti bruciati». Da Medicina Democratica (Md), movimento di lotta per la salute, fanno notare che il risparmio energetico ottenuto bruciando rifiuti è minore di quello dichiarato: «I cementifici vogliono i rifiuti non perché “risparmiano” combustibili fossili, ma per i guadagni connessi allo smaltimento. Viene detto che i cementifici distruggono i rifiuti con la stessa efficacia di altri impianti di smaltimento», aggiunge Md. «Secondo l’Ente di protezione ambientale Usa (Epa), i cementifici americani sono la seconda fonte di diossine e furani dopo gli inceneritori per rifiuti urbani, grazie alla scelta di utilizzarli per bruciare rifiuti industriali (in particolare solventi e simili). L’Epa ha inoltre stimato emissioni di diossine pari a 0,29 nanogrammi per kg di clinker prodotto nei cementifici che non utilizzano rifiuti come combustibili e di 24,34 nanogrammi/kg nei cementifici che usano rifiuti come combustibile».
CEMENTIERI - Di tutt’altro avviso gli industriali del cemento. «La formazione delle diossine dipende dalla presenza di cloro e dalle temperature di combustione. Ma la presenza di cloro nei forni è minima, sia per questioni di processo sia per rispetto della qualità del prodotto finale», ribatte Gizzi. «Dunque non solo nessun danno per la salute, ma la produzione e l’utilizzo dei Css contribuisce a minimizzare il ricorso alle discariche e ridurrebbe la tassa sullo smaltimento dei rifiuti di circa il 14%. Secondo uno studio di Nomisma, il risparmio per le amministrazioni locali sarebbe di circa 210 euro per ogni tonnellata di rifiuti».
LEGAMBIENTE - «Bruciare Css nei cementifici li rende più controllati», conclude Stefano Ciafani, vice presidente di Legambiente. «Li obbliga a monitorare alcuni inquinanti – come le diossine – che la legge non impone di controllare quando bruciano altre schifezze come il petcoke (carbone derivato dalla distillazione del petrolio, ndr) o il polverino di carbone, ben peggiori del Css». Secondo l'ambientalista, quindi, «a parità di risultati, bruciare Css in un cementificio è meglio che in un inceneritore sotto il profilo delle emissioni di CO2, fermo restando che i cementifici emissioni ne producono a prescindere, inquinano di per sé e dal punto di vista della salute sono comunque un problema».
Fonte: Corriere.it
12/3/2013