News - La lana scartata: da rifiuto speciale a fertilizzante

Contiene cheratina, che trattata con acqua a 180 gradi rilascia azoto. Un processo a zero scarti. Con un laboratorio mobile

Il logo del progetto Green WoolfIl logo del progetto Green Woolf Quel maglioncino di lana un po' fuori moda, i primi esperimenti di maglia fatti dai bambini o l'ennesima sciarpa regalata dalla zia in occasione delle feste sembrano essere destinati irrimediabilmente al cestino della spazzatura. Eppure, con un trattamento ad hoc, possono diventare un fertilizzante di pregio per il terreno. Questo è l'obiettivo del progetto Green Woolf cofinanziato dall'Unione europea con un milione di euro e portato avanti dal Cnr Ismac di Biella, dal Politecnico di Torino e dall'azienda Obem. Oltreché dagli indumenti usati, la lana sarà ricavata soprattutto dagli scarti degli allevamenti. In Italia ci sono 8 milioni di pecore che producono dai due ai tre chili di lana ognuna, metà della quale viene gettata perché di scarsa qualità. Nel nostro Paese, quindi, diventano rifiuto circa 12 mila tonnellate di lana. I numeri aumentano esponenzialmente considerando l'intera Europa, dove si contano 120 milioni di pecore.

RIFIUTO SPECIALE - In base alla norme europee, la lana è un rifiuto di categoria 3. Quando deve essere gettata, deve essere imballata e portata in impianti di smaltimento specifici perché, contaminata da terriccio e sporcizia, può essere veicolo di infezioni. Il trasporto comporta costi ed emissioni di CO2.

 

 

IL PROCESSO - L'azione fertilizzante della lana è nota, ma il materiale non può essere utilizzato allo stato grezzo e opera in tempi lunghi. L'obiettivo è che agisca nell'arco di una stagione e possa essere impiegata anche per gli orti, oltre che per i pascoli. Claudio Tonin del Cnr Ismac spiega: «La lana contiene cheratina, che è composta di azoto. Quando è trattata con acqua surriscaldata al di sopra dei 180 gradi (processo di idrolisi) i legami della cheratina in essa contenuta si rompono e l'azoto, dall'azione fertilizzante, viene rilasciato con maggiore velocità». Ciò che i ricercatori dipartimento di scienze chimiche e tecnologia dei materiali devono mettere a punto sono i giusti parametri di temperatura, pressione e tempo.

ZERO SCARTI - Il trattamento, assicurano gli esperti, sarà completamente ecologico e non ne risulteranno sostanze dannose per l'ambiente. Silvio Sicardi, ordinario di principi di ingegneria chimica del Politecnico di Torino, spiega: «Non ci sono scarti. L'acqua viene completamente vaporizzata e l'acido solfidrico neutralizzato e trasformato in un solfato che va a finire nel fertilizzante».

 

 

LABORATORIO ITINERANTE - I ricercatori del Politecnico di Torino progetteranno l'impianto che sarà costruito dalla Obem. Saranno realizzati due macchinari, come precisa Sicardi: «Prima si costruirà un impianto pilota di laboratorio, in grado di trattare un piccolo quantitativo di lana che sarà pronto a marzo. Poi, una volta messi a punto i parametri per l'idrolisi, si procederà alla costruzione del prototipo che nel 2015 sarà pronto per viaggiare». Sì, l'impianto viaggerà perché sarà trasportabile e montato su camion per raggiungere gli allevamenti e permettere la raccolta localizzata degli scarti. Sicardi aggiunge: «Potrà trattare una tonnellata di lana al giorno e usciranno direttamente i sacchi di fertilizzante. Sarà un'unità dimostrativa con un generatore indipendente in grado di funzionare ovunque». Tra gli scopi dei ricercatori, infatti, c'è quello di raggiungere anche Inghilterra e Spagna, dove ci sono molti allevamenti ovini.


Fonte: Corriere.it

15/1/2014